LA PACE
Questa benefica parola “pace”
è antica e pur sempre nuova. È pronunciata in ogni ambito: da quello religioso
a quello politico e sociale. È pregata in ogni religione. È auspicata in ogni
nazione.
La Liturgia del Primo Giorno dell’Anno ci offre nella Prima
Lettura la solenne benedizione di Dio sull’amato popolo d’Israele, riportata
nel Libro dei Numeri:
Ti
benedica il Signore e ti protegga.
Il
Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio.
Il
Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace.
Così
porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò” (6,24-27).
Il pio israelita e il cristiano
la chiedono nei salmi, negli inni, nelle suppliche penitenziali e nelle varie intenzioni
liturgiche.
C’è la pace che assurge a beatitudine declamata da Gesù stesso: Beati i costruttori di pace, perché saranno
chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Nel donarla ai Suoi discepoli, ci terrà a precisare che la
“sua” non è come quella che dà il mondo: Vi
lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo io la do a voi (Gv 14,27); e
aggiunge: In qualunque casa entriate,
prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace
scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi (Lc 10,5-6).
Quando risorto appare agli apostoli, nel rivolgere il
saluto non ha di meglio da augurare che: Pace
a voi! (Gv 20,21); sapeva infatti quanto erano in preda alla paura,
davvero in uno smarrimento tale che li lasciava senza pace. Non ha fatto un
solo cenno alla loro totale debolezza conclusasi con la fuga il Giovedì
precedente nell’Orto degli ulivi. Non li ha apostrofati, come fece in un’altra
occasione: Uomini di poca fede (Mt 8,26)
oppure, come ai discepoli di Emmaus: Stolti
e tardi di cuore… (Lc 24,25). No, ha donato quello di cui in quel momento avevano
veramente bisogno: la sua pace!
C’è la pace
francescana, desiderata e proclamata da San Francesco tanto da farne il
suo motto e saluto: “pace e bene” che
i suoi figli continuano a donare con gioiosa umiltà evangelica a quanti incontrano.
C’è la pace
benedettina, con cui i figli di San Benedetto accolgono gli ospiti, i
poveri e i pellegrini che giungono alle loro abbazie e monasteri. Leggiamo
nella Santa Regola:
Il Signore,
cercandosi il suo operaio tra la moltitudine del popolo cui rivolge un appello,
di nuovo dice: C’è qualcuno che desidera la vita e brama lunghi giorni per
gustare il bene? Se, all’udirlo, tu rispondi: Io, così ti soggiunge il Signore [citando il Salmo 33]: Se vuoi avere la vera ed eterna vita,
preserva la tua lingua dal male, le tue labbra da parole bugiarde; sta’ lontano
dal male e fa’ il bene, cerca la pace e perseguila (Prologo, 14-17).
Nello scorrere della vita comunitaria possono
presentarsi situazioni difficili, anche incresciose. Al fine di salvaguardare
la pace, San Benedetto si premura di
togliere quegli ostacoli che possono insediarsi nel cuore del monaco e fargli
perdere questo bene prezioso. Tra i tanti strumenti che elenca nel cap. IV
della Regola, intitolato “Gli strumenti delle buone opere”, gliene offre alcuni
molto efficaci quanto pratici:
Non dare pace
falsa (n. 25).
Tornare in pace, prima che tramonti il sole, con chi è
in discordia con noi (n. 73).
pace, quindi, che è dono di Dio, ma anche frutto dell’impegno di monaci e
oblati - come pure di ogni cristiano - i quali - col divino aiuto (cf RB, cap.
1,5) - accettano quanto dispone o
permette la Sua provvidente Volontà, si lasciano smussare dalle vicende della
vita, e, solo in una visuale di fede, cioè, di abbandono e fiducia in Lui,
riescono a perseverare fino alla fine (Prologo, 50): fine
che coinciderà con l’i-nizio dell’eterno presente. Ogni “oggi” terreno, così
vissuto, si immette già in quello eterno, dove l’amore e la pace, la gioia e la giustizia si abbracceranno
per sempre (cf Sal 85,11).
Anni fa ad una Consorella Clarissa avevo donato una piccola
Regola benedettina con questa dedica “franco-benedettina”: pace e bene nell’ora et labora! Quattro paroline tanto semplici ma altrettanto
grandi perché racchiudono un programma di vita che coinvolge in modo
particolare l’intera esistenza di una Claustrale: preghiera, lavoro e offerta
di sé, secondo il carisma del proprio fondatore, unicamente per la gloria di Dio
e per la pace e il bene di tutti i fratelli.
C’è pure la pace
artificiale che, però, riserva ai suoi aderenti l’amaro sapore del
menefreghismo, del lasciar fare agli altri, appunto, ed essere lasciati “in pace”, del “non casciarsela” per
nulla e per nessuno…e così via. Che inutile e infruttuoso logorio di energie per
alimentare questa subdola pace!
C’è la pace del mondo
che fa ripiegare egoisticamente su di sé, all’occorrenza sfruttando gli altri a
proprio uso e consumo. L’egoista non è altro che un altruista con se stesso! Invece,
la pace di Cristo fa divenire dono
sia colui che la porge sia colui che la riceve, lasciando entrambi nella gioia!
Come non ricordare il grande, instancabile “Costruttore di
pace”, il Beato Giovanni Paolo II, del resto, degno e fedele continuatore dei
suoi lodevoli Predecessori, anch’essi nostri contemporanei?
Sempre attento alle ispirazione
dello Spirito Santo rese memorabile l’incontro di preghiera per la pace che realizzò ad Assisi nell’Ottobre
1986 invitando indistintamente tutti i Capi Religiosi. Quanto armonioso rispetto
di ogni specifica spiritualità in una singolare ed esemplare fusione di cuori!
Per il suo stemma papale il Beato Giovanni XXIII aveva
scelto il motto: Obœdientia et Pax e
prima di morire aveva donato alla Chiesa e all’umanità la splendida enciclica “Pacem in Terris”.
Il motto scelto dal card. Dionigi Tettamanzi per il suo
stemma è: Gaudium et Pax.
Gli stessi documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II ne
hanno delineato e sviluppato tutta l’im-portanza e l’urgenza nulla tralasciando
al fine di giungere ad una convivenza sempre più rispettosa e solidale tra
tutti i popoli.
Ad essi si sono aggiunti i ripetuti e accorati appelli
pontifici rivolti direttamente ai Capi di Stato e a tutti gli uomini di buona
volontà.
A favore della pace
si indicono adorazioni, fiaccolate, cortei, convegni, concerti e incontri di
vari tipi in cui si vedono coinvolti uomini della cultura, dello sport, dello
spettacolo.
Si spiega tanta insistenza nella misura in cui la pace - bene tanto grande, troppo
indispensabile per garantire una serena stabilità di rapporti - è nello stesso
tempo sempre insicura, minacciata, e addirittura da più parti inspiegabilmente non
voluta, combattuta. Lo conferma il fatto che ogni volta che le voci autorevoli
dei Papi si sono alzate per scongiurare qualunque genere di guerra…non sono mai
state ascoltate e queste, pensate e volute, si sono puntualmente e atrocemente
realizzate. Ancora oggi, purtroppo, sono messe in calendario e progettate!
Con grande conforto prendiamo atto che la pace è: pregata nei salmi - letta nella
Sacra Scrittura - donata come saluto - offerta come segno di accoglienza - implorata
quando viene compromessa a cominciare dal semplice contesto familiare fino ad
arrivare ai conflitti tra le nazioni.
Ma tutto ciò appare quasi ben
poca cosa se si pensa che ogni giorno la pace
è addirittura celebrata nello svolgersi della liturgia eucaristica, quindi
acquista un valore e un’efficacia infiniti che fanno comprendere ancora di più
come sia prima di tutto dono di Dio.
Scorrendo passo passo la celebrazione si constaterà quanto
è vero.
· SALUTO INIZIALE
Le varie formule di saluto che il
celebrante rivolge all’assemblea attingono quasi sempre dalle Lettere di San
Paolo e iniziano con un augurio di pace:
- La
grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo siano con
tutti voi.
- Il
Dio della speranza, che riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza
dello Spirito Santo, sia con tutti voi.
- La
pace, la carità e la fede da parte di Dio Padre e del Signore nostro Gesù
Cristo siano con tutti voi.
- Fratelli,
eletti…, grazia e pace in abbondanza siano con tutti voi.
· GLORIA
- Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in
terra agli uomini di buona volontà.
È quella stessa pace proclamata dagli Angeli a
Betlemme.
· SCAMBIO DEL SEGNO DI PACE
- La pace del Signore sia sempre con voi.
- Scambiatevi
un segno di pace.
- In
Cristo, che ci ha resi tutti fratelli con la sua croce, scambiatevi un segno di
riconciliazione e di pace.
- Come
figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna.
- Nello
Spirito del Cristo risorto datevi un segno di pace.
- Secondo
l’ammonimento del Signore, prima di presentare i nostri doni all’altare,
scambiamoci un segno di pace.
- Sia
pace tra voi.
· PREGHIERA EUCARISTICA I
- Noi te l’offriamo [il sacrificio] anzitutto per la tua Chiesa santa e cattolica, perché tu le dia pace e
la protegga, la raccolga nell’unità e la governi su tutta la terra…
- Accetta con benevolenza, o Signore,
l’offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi
nella pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel
gregge degli eletti.
- Ricòrdati,
o Padre, dei tuoi fedeli che ci hanno preceduto con il segno della fede e
dormono il sonno della pace. A loro, o Padre, e a tutti quelli che riposano in
Cristo, dona la beatitudine, la luce e la pace.
· PREGHIERA EUCARISTICA III
- Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza
al mondo intero.
- Accogli nel tuo regno i nostri fratelli
defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo…
· PREGHIERA EUCARISTICA IV
- Ricòrdati anche dei nostri fratelli che sono
morti nella pace del tuo Cristo…
· RITI DI COMUNIONE
- Liberaci, o Signore, da tutti i mali,
concedi la pace ai nostri giorni…
- Signore Gesù Cristo, che hai detto ai tuoi
discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace», non guardare ai nostri
peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà.
- La pace e la comunione del Signore nostro
Gesù Cristo siano sempre con voi.
- La pace del Signore sia sempre con voi.
- Rito
romano: Agnello di Dio… terza
petizione: dona a noi la pace.
· CONGEDO DELL’ASSEMBLEA
- Rito ambrosiano: Andiamo in
pace. Un sacerdote congedava i fedeli in questo modo: Andiamo a portare la pace.
- Rito romano: La Messa è finita:
andate in pace.
Parafrasando,
è nato questo scherzoso invito: La pace è
finita: andate alla Messa.
La risposta: Rendiamo
grazie a Dio non è perché finalmente la celebrazione è finita, ma è il “grazie”
a Dio che ci ha consentito, partecipando alla Messa, di tuffarci sempre più
nella Sua pace e, così “inzuppati”,
andare colmi di gioia a donarla lungo la giornata, dove si svolge la nostra celebrazione
esistenziale.
Sì, la pace - celebrata
liturgicamente in Chiesa - va poi celebrata nel dipanarsi della giornata: siamo
noi ora i celebranti e l’assemblea è sostituita dalla comunità familiare,
religiosa, lavorativa, di volontariato, di svago.
Alla pace è
stato dedicato il Primo Giorno dell’Anno, ogni volta proposta con uno slogan rivelatore
di quanto nell’anno precedente si era riusciti a facilitarla o ancora ad ostacolarla.
Per il Santo Padre è divenuta esplicita occasione per fare
il punto della situazione mondiale, focalizzando l’inderogabile urgenza di impegnare
tutte le forze per poterla realizzare.
Pensando alle tante “Giornate per la Pace”, con la Chiesa e
l’intera umanità ho sempre attinto tanta speranza e incoraggiamento nel sapere
che dalla celebrazione del Primo Giorno dell’Anno fino al 31 Dicembre ogni
giorno ininterrottamente essa è invocata, pregata, celebrata nei più svariati
contesti: liturgico, familiare, sociale, politico.
Pace
voluta e ricercata con costanza dagli uomini di buona volontà a qualunque
popolo, razza, religione appartengano, a pieno titolo riconosciuti figli di Dio
perché costanti “costruttori di pace”.
Dalla pace
sgorga l’alta qualità della vita.
Con la pace
c’è il rispetto e il trionfo di ogni altro valore.
Nella pace
tutto ritrova la sua originaria bellezza ed il cuore è libero da ogni
turbamento.
Per la pace
si dà la vita, perché vale più della vita.
Dove non c’è pace è offesa la dignità umana e calpestata la vita.
La pace
è tanto necessaria al nostro benessere spirituale da essere desiderata prima
di qualunque altro bene, perché espressione della piena armonia con Dio, con se
stessi, con gli altri e con il creato.
Senza la ritrovata pace non ci si rialza, non si
ricomincia, e neppure si riparte, perché si è nella totale paralisi. Come non
pensare al beneficio altamente spirituale e psicologico quando possiamo ascoltare
le parole del Sacerdote: Io ti assolvo
dai tuoi peccati nel nome del Padre…. Va’ in pace! L’iniziale fatica che
avvertiamo quando ci inginocchiamo ad un confessionale è immensamente ripagata
dalla grazia del perdono ottenuto; si ridiscende leggeri, contenti perché il
cuore può gustare di nuovo la pace perduta.
Veramente solo il cuore riappacificato
può riprendere ad esplodere di gioia, tornare a pulsare: è il vero trionfo del
bene sul male commesso, è quella rinascita spirituale che Gesù indicava e
consigliava a Nicodemo (cf Gv 3,3).
È questa pace interiore a qualificare la vita, a riempirla di opere
buone, a renderla vivibile, liberandola di volta in volta da ogni possibile
inquinamento interno ed esterno.
Rimane pur vero che la pace va ogni giorno costruita, difesa,
riparata, implorata, e perché avvenga, ecco la soluzione più efficace: ogni
giorno è celebrata, cioè, continuamente inserita, associata e assimilata
nell’unica offerta sacrificale di Cristo, nostra
pace (Ef 2,14), per la gloria del Padre e la redenzione del mondo.
Una domanda a questo punto s’impone: cosa comporta, allora, l’andare a Messa?
Convinti
dell’infinito amore con cui Dio ci avvolge in modo particolare in ogni
celebrazione eucaristica, ci trasformiamo in persone “pacificate” dalla divina
Misericordia prima di tutto con noi stessi, quindi capaci più facilmente di
risolvere i personali conflitti, in quanto illuminati e guidati dal Vangelo,
per cui diveniamo vere pagine viventi sia dei suoi messaggi, con tutta la forza
liberante che sprigionano, sia degli stessi comportamenti di Gesù fino
all’attuazione del mistero pasquale di morte e risurrezione per l’umana salvezza.
Dal beneficio personale che ne traiamo
possiamo poi farci “portatori di pace” a quanti avviciniamo, perché tutto ormai
vediamo, ascoltiamo, operiamo solo in vista della Pace, solo a favore della Pace,
che man mano assumerà nomi e atteggiamenti volti al bene altrui.
Con sincero spirito francescano, vogliamo soprattutto
pregare così:
O Signore, fa’ di me uno strumento
della tua Pace:
dov’è odio, fa'
ch’io porti l’Amore, dov’è offesa, ch’io
porti il Perdono,
dov’è discordia,
ch’io porti l’Unione, dov’è dubbio,
ch’io porti la Fede,
dov’è errore,
ch’io porti la Verità, dov’è
disperazione, ch’io porti la Speranza,
dov’è tristezza,
ch’io porti la Gioia, dove sono le
tenebre, ch'io porti la Luce.
O Maestro, fa’
ch’io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare;
di essere
compreso, quanto di comprendere; di essere amato, quanto di amare,
poiché è dando,
che si riceve; perdonando che si è perdonati;
morendo, che si
risuscita a Vita eterna. Amen.
Suor Josefa priora Benedettine