Adorante intimità in umiltà e carità
con Maria Immacolata ed Addolorata
«Mio Maestro, Umiltà Divina, sta certo io non resisto! appena finiti i miei lavori materiali, corro subito da te.»
«Ricordati, mio Leopoldo, che, quando fai l’adorazione tu sei sempre alla presenza della Gran Madre di Dio.» (Vivere con Gesù, pag. 3 per entrambe le citazioni)
«Quelli che amano adorare il mio Divin Figlio Gesù Crocifisso, non solo ne hanno il merito da mio Figlio ma io, sua Madre, spando nel loro cuore le più dolci consolazioni.»
(Fra Leopoldo, Il perchè dell’Adorazione, p. 5; come tutte le citazioni successive).
Queste espressioni parlano di vicinanza e di intimità! Maria SS. e Gesù Crocifisso erano entrambi nell’Adorazione e nel cuore di Leopoldo. Entrambi chiedono preghiere e rieccoci alla DEVOZIONE. Ci chiediamo, dunque, quale sia la relazione tra le due esperienze di immacolatezza e di dolore che incontriamo in Maria.
L’iconografia l’ha espresso questa esperienza spirituale, con la verticalità della persona che congiunge cielo e terra in virtù della sua purezza e del suo dolore.
Maria Immacolata è tale per la sua UMILTÀ, ecco un altro modo di esprimere la correlazione tra queste due esperienze di incontro con Dio vissuto da Maria nella sua carne, nel suo essere donna feconda per generare figli a Dio. L’immacolatezza è sinonimo di creazione pura, di verità di sè di fronte a Dio, di relazione a Lui come con Colui che ci possiede per “diritto naturale”, diritto che, nel caso di Maria, coincide con il “diritto divino” poiché fu lo Spirito Santo ad adombrarla, a prenderne possesso illuminandola sul senso della sua richiesta. Il sì di Maria coincise, fin dall’inizio, con il sì all’adempimento della Parola in lei, nel Figlio. Lei iniziò ad intessere “l’alfabeto spirituale e mistico” in trama di vita: accolse il FIGLIO e divenne MADRE, ecco l’UMILTÀ e la CARITÀ, ecco il cardine della SALVEZZA, “caro salutis est cardo”, dice Tertulliano, davvero, la carne è il cardine della salvezza, questa è la vita mistica intessuta da Maria con l’amore e con il dolore.
L’UMILTÀ, dunque, rende immacolati, rende capaci di accogliere Dio stesso e trasforma, in questo modo, il massimo abbassamento o consegna di sè, nella fecondità del cuore.
Fu per questa sua UMILTÀ che MARIA IMMACOLATA vide il volto di Dio nello Spirito. L’immacolatezza mette a fuoco l’immagine del Creatore, perchè tutto ciò che è creato è buono. Il DOLORE DI MARIA è capacità di questa stessa immacolatezza, è un accogliere sempre con cuore immacolato l’annuncio dell’angelo ed un ripetere il suo Sì PER SEMPRE nell’eternità. La CARITÀ scaturisce per questo dall’umiltà così come Marta nasce da Maria, da colei che aveva scelto la parte migliore, il volto di Dio nello Spirito, volto che si sa riconoscere solo perchè lo si è già amato.
Leopoldo così si esprime: «Dopo la SS. Comunione Maria SS.ma mi disse: “Immenso gaudio io godo nel vedere anime che molto amano il mio Divin Figlio; e tu Leopoldo, prendi il mio cuore, e, vicino a quello del mio Divin Figlio, che Egli ti ha donato, sappilo custodire e coltivare colla preghiera e colla penitenza, affinché quando Io venga a visitarlo lo trovi ben adorno delle più elette virtù.»
In questo passo, ricchissimo di esperienza divina, cogliamo un’unione di cuori vissuta da Leopoldo con Gesù e Maria. Chi ama desidera solo l’unione, questa unione mistica che, pure, non è in suo potere ma solo dono gratuito. Quest’esperienza crea nostalgia e dona la forza di superare grandi prove pur di amare Dio.
«“Voglio darti la scienza umile, nascosta.” Dolce mio Gesù, mi metti una mescolanza di fiori paradisiaci nel cuore; che, se un’anima riflettesse per bene chi è Dio, meditasse ciò che fece per noi colla Croce, la bontà la carità, la misericordia di un Dio Creatore... non cadrebbe in mancanze per tutto il tempo della vita: o mio Dio.»
Ci confida analogalmente s. Faustina: «Oggi mi sono unita all’adorazione che c’era nella nostra casa, ma la mia anima era piena d’angoscia ed una strana paura attanagliava il mio cuore. Per questo ho raddoppiato le mie preghiere. All’improvviso ho visto lo sguardo di Dio diretto al fondo del mio cuore. Quando mi sono seduta per la colazione molto gustosa, ho detto al Signore: “ Ti ringrazio per questi doni, ma il mio cuore agonizza di nostalgia per Te e nulla di quello che proviene dalla terra ha sapore per me. Desidero il nutrimento del tuo amore”.»
Umiltà e Carità in Leopoldo
«Eppure quanti sono che non si correggono, non domandano la bella carità al Signore che li ritragga dall'ambizione di primeggiare, da questo deforme difetto; non pregano Dio che loro conceda l'umiltà, la ritiratezza.»
«In quest'adorazione il mio Gesù Crocifisso vuole che io lo ami molto e che mi tenga umilissimo.»
«Colla preghiera tanto fervorosa a Gesù Crocifisso e la prima umiltà e carità dovuta a Dio Crocifisso, per la Tua misericordia, o mio Signore, fa che un giorno tutti arriviamo là dove sei Tu a godere la pace dei giusti per la Tua Croce e misericordia infinita. »
«Io non merito tanta grazia dal mio Gesù: infine non sono che una vile creatura; ma a questi eccessi d'amore d'un Dio chi può resistere a non stringersi in amore, in adorazione ai piedi d' un Dio? il quale tanto s'umilia a un uomo formato di fango ...»
L’UNIONE con Gesù vissuta da s. Faustina la unisce a Maria
«O mia vittima, Tu sei un refrigerio per il mio cuore martoriato»
«Dopo queste parole pensavo che il mio cuore prendesse fuoco. E mi introdusse in un’intima unione con Lui, ed il mio cuore si sposò col Suo Cuore in modo amoroso, sentivo i suoi più deboli palpiti ed Egli i miei. Il fuoco provato dal mio amore venne unito all’ardore del suo amore eterno. Questa grazia supera per la sua enormità tutte le altre. La sua Essenza Trina mi avvolse totalmente e fui tutta immersa in Lui. In un certo senso la mia piccolezza si scontrò col Sovrano Immortale. Fui immersa in un amore inconcepibile e in un inconcepibile tormento, a causa della sua Passione. Tutto ciò che riguardava il suo essere si comunicava anche a me.
Gesù mi aveva fatto conoscere e pregustare questa grazia, ma oggi me l’ha concessa. Non avrei osato nemmeno immaginare una simile grazia. Il mio cuore è come in una continua estasi, sebbene all’esterno nulla m’impedisca di trattare col prossimo e di sbrigare varie faccende. L’ho pregato che si degnasse di preservarmi dagli occhi della gente. E con questa grazia è entrato nella mia anima tutto un mare di luce nella conoscenza di Dio e di me stessa e lo stupore m’invade tutta e mi trasporta come in una nuova estasi, per il fatto che Iddio si è degnato di abbassarsi fino a me così piccola ...
Quando Gesù diede l’ultimo respiro, la mia anima fu annientata dal dolore e per lungo tempo non mi fu possibile ritornare in me. Trovai un qualche sollievo nelle lacrime. Colui, che il mio cuore ama ardentemente, muore. C’è qualcuno che possa comprendere il mio dolore?»
Le beatitudini sono otto ma “si può anche dire che ce ne sia una sola, quella della povertà di spirito” (Mt 5,3)
Leopoldo e Faustina ce l’hanno appena confermato, rileggi le beatitudini e ritrovale nella tua esperienza.
Umiltà e carità sono la stessa realtà, sono l’una la dimensione di accoglienza di Dio e l’altra l’ “esplosione” del cuore che non può contenere l’amore che trabocca dalla sorgente dello Spirito e donatoci in abbondanza. Carità e umiltà sono come il profumo di Betania, come i fiori di cui poco sopra Leopoldo ci ha fatto memoria...
UNA TESTIMONIANZA
Davanti a Gesù Crocifisso, in preghiera mi è parso di comprendere come i martiri sono morti proprio perchè le opere della legge loro richieste erano contro la loro fede, quindi “è la fede che giustifica e non le opere della legge”(Rom 3,25ss.) e qualora ci sono strutture che non riflettono i valori in cui uno crede questo continua ad accadere.
Come ho io imparato a credere?
La percezione di Dio fu come una chiamata che mi trovava incapace di capire e quindi pure di agire, ma che mi coinvolgeva tutta. Capii che la fede è l’esperienza di un valore che vincola la nostra volontà pur superando la nostra stessa capacità di azione. È come una scintilla che accende in noi la capacità del rischio pur senza vedere e capire, ed è essenzialmente protesa al futuro perchè ci apre ad esso e ci rende capaci di novità, ossia di accogliere il nuovo, di esprimerci in modo nuovo.
Ho sentito che la non-azione della fede è, forse l’azione più grande di cui possiamo essere capaci. La non-azione dei martiri (un estremo che visualizza l’esperienza di fede) è l’azione più coraggiosa e forte che ci possa essere, è il NADA di s. Giovanni della Croce, il NULLA in cui lo Spirito si esprime in modo assoluto e crea. Dio ci creò, appunto, dal nulla e così espresse in noi la sua massima libertà che è creatività. La fede è così non-azione o azione assoluta in cui sperimentiamo in noi il sigillo vincolante della libertà di Dio.
S. Teresa d’Avila nella sesta mansione del Castello Interiore ci parla dell’esperienza del dolore fortissimo che può provocare l’esperienza di Dio.
Ma possono questi dolori essere l’esperienza stessa della vita che a volte ci pongono in uno stato di morte, di apparente non azione, mentre, in realtà, uno vive in queste situazioni proprio perchè crede e ama col cuore di Gesù?
Forse questo accostamento della vita con l’esperienza indicata da s. Teresa non è il più appropriato ma, di fatto, è la vita stessa che insegna a capire come è possibile una non-azione a causa della fede, quando cioè l’unica azione possibile potrebbe tradire la propria fede. E vivendo queste memorie di una non-azione compresa quasi come “morte per la fede” ho guardato a Gesù Crocifisso: un’immobilità che è l’azione più potente che esista ed il mio cuore gli ha parlato. Anche tu Gesù non hai sempre potute fare le opere previste dalla legge come l’evitare i peccatori, anche tu hai fatto l’esperienza della fede. E quanto è giusto che la fede non si identifichi con le opere di una legge che, necessariamente, riflette la cultura di un dato popolo! La fede è un dono per tutti, per ogni popolo e non può essere imbrigliata dalle opere di una legge (anche se ci sono leggi che la rivelano).
La fede è un dono così personale, così intimo, è un dono che procede dall’interno all’esterno che uno non la può acquistare e la può riconoscere solo quando, nella gioia, prova la libertà di dire di sì a chi non conosce perchè capisce che è un sì che la rende più sè stessi, più uomo o donna, più adulti, più persona. La capacità di guardare al futuro con il nostro assenso di fede nel presente è frutto di un dono d’amore nel nostro passato, fede nel nostro presente e speranza nel nostro futuro.
E Dio è ancora più di tutto questo poiché ci travolge con il suo mistero.
Quale desiderio Signore di correrti incontro nella fede, amandoti nel dolore che questa fede ci fa vivere per la nostra incapacità di donare tutto ciò che sei per noi ma pur desiderandolo.
Potresti raccontare un tuo incontro con il Crocifisso, con Maria?
La tua fede come è nata? Perchè desideri donarla?
Latourelle, René, Signore Gesù mostraci il tuo volto, Gribaudi, Torino 2004