Immaginate
di guardare qualcosa che vi piace molto della vostra vita. Immaginate di
sentire crescere dentro di voi soddisfazione, compiacimento. Immaginate il
vostro lavoro costruito con sacrifici. La vostra laurea, il vostro matrimonio o
la vostra consacrazione. Cosa ci sarebbe di male a sentirne soddisfazione e
compiacimento? Nulla. Ma ora accostate a questa esperienza le parole da
guastafeste che Gesù usa nel Vangelo di oggi: “Mentre alcuni parlavano del
tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: «Verranno
giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che
non venga distrutta»”. Perché Gesù interviene in questo modo? Forse lo fa per
svegliarci da una mancanza di realismo che caratterizza il nostro giudizio
sulle cose. Infatti se tutto quello che c’è nella nostra vita non ha un fondale
di vita eterna, che valore ha realmente? È destinato a finire, a rovinarsi, ad
essere distrutto. Se il bene che vuoi a una persona non ha un fondale di vita
eterna, quanto pensi di riuscire a durare in quel bene e in quella relazione?
Il tempo dell’abitudine. Infatti come arriva il cancro dell’abitudine subito
tutto ci annoia, si rovina, si distrugge. Ma se tu vuoi bene a una persona
guardandola in un’ottica più profonda, allora comprendi che se non c’è una vita
eterna su cui si poggia quella relazione, finirà presto. E cosa significa
fondarlo in un’ottica di vita eterna? Amare. E cos’è l’amore in pratica:
accogliere l’altro per com’è, aiutarlo a diventare sé stesso, perdonarlo,
accompagnarlo, sostenerlo, cioè in pratica fare quello che Gesù ha fatto con
noi. Le cose bagnate da un amore simile, non finiscono facilmente, le altre
sono destinate a perire. Ma gli ascoltatori del vangelo di oggi sembrano più
interessati a scoprire quando avverrà questa distruzione, senza accorgersi che
la cosa che conta di più è capire su cosa fondare la propria esistenza. Le cose
di questo mondo passano, quelle di Dio no. Tu le sai riconoscere?
Luca 21,5-11
LUIGI MARIA EPICOCO
25 novembre
MEDITAZIONI
“Maria è
l’ala che Dio ci ha dato per raggiungere quello che chiediamo. Ella è messa nel
nostro cammino per poter dare concretezza alle nostre utopie, perché Ella
stessa è stata lo strumento attraverso il quale l’utopia di Dio si è fatta carne.
«Un discepolo non è più del suo maestro». Se Cristo discende nel mondo attraverso Maria, perché ci risulta così difficile credere che Lei non sia un’ottima strada per salire verso Dio? E la strada unisce sempre il punto di partenza con il punto di arrivo. Così, quando noi frequentiamo Maria nel Rosario, nelle preghiere semplici, nelle litanie, nelle giaculatorie, nelle invocazioni, è come se mettessimo i nostri piedi sulla strada buona e rivolgessimo il nostro sguardo verso l’orizzonte per scrutare la meta. Frequentare quella strada è come sentirsi più vicini alla metà.”
«Un discepolo non è più del suo maestro». Se Cristo discende nel mondo attraverso Maria, perché ci risulta così difficile credere che Lei non sia un’ottima strada per salire verso Dio? E la strada unisce sempre il punto di partenza con il punto di arrivo. Così, quando noi frequentiamo Maria nel Rosario, nelle preghiere semplici, nelle litanie, nelle giaculatorie, nelle invocazioni, è come se mettessimo i nostri piedi sulla strada buona e rivolgessimo il nostro sguardo verso l’orizzonte per scrutare la meta. Frequentare quella strada è come sentirsi più vicini alla metà.”
Da LUIGI MARIA
EPICOCO
“Vergine madre, figlia del tuo figlio.”, Itaca, p.31
25 novembre
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