SIGNORE, INSEGNACI A PREGARE

Lc 11,1-4:   Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate dite:
                    Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione».
Mt 6,7-13:   Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate: Voi dunque pregate così:
                     Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
          La domanda, riportata nel Vangelo secondo Luca, è rivolta dagli apostoli a Gesù, non solo perché anche Giovanni ha insegnato a pregare ai suoi discepoli, ma perché hanno visto Lui stesso pregare.
          Insegnaci, cioè, permette anche a noi di pregare come preghi tu, facci conoscere il segreto del tuo pregare, perché preghi, chi preghi, per chi preghi.
          Gesù, che certamente ha animato in loro questo interrogativo, non lascia cadere a vuoto la richiesta; subito vuole istruire i suoi su un argomento profondamente vitale e risponde: “Quando pregate, dite: Padre...”.
          Matteo dà la versione in plurale: “Voi dunque pregate così: Padre nostro...”.
          Questo Padre è mio, e a Lui mi rivolgo con cuore di Figlio: sono il Suo Unigenito, ma è anche vostro, perché siete miei fratelli e fratelli tra di voi. Sarà sempre "Padre vostro" anche quando vi troverete a pregare da soli.
          Bello questo senso comunitario, questo sentirci tutti presenti nella preghiera di uno e ciascuno nella preghiera di tutti!

          La preghiera del Padre nostro è in perfetta sintonia con un'altra magistrale affermazione di Gesù:
                                    «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia,
                                    e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).
          Infatti, tutta la prima parte del Padre nostro riguarda la gloria del suo Nome, la venuta del suo Regno, l'obbediente e filiale adempimento della sua Volontà, proprio come avviene in Cielo dove è esclusivamente ordine, armonia e pace, perché gli Spiriti angelici eseguono alla perfezione i divini comandi.
          Sono proprio tali petizioni a metterci nella favorevole condizione di pensare, desiderare e cercare le cose del Regno dei cieli. Solo dopo vengono le altre, al confronto molto secondarie e tuttavia ugualmente indispensabili nella misura in cui consentono una vita dignitosa, senza eccedenze di vario tipo, affinché anche in terra possano regnare l'ordine e l'armonia nella più pacifica convivenza fraterna.
          È quanto chiediamo nella seconda parte del Padre nostro riassunto bene nel "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Si tratta - alla lettera - del pane quotidiano, ma non solo, come ci richiama Gesù, citando Dt 8,3:
“Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt4,4).
          Ogni celebrazione eucaristica, infatti, ci dispensa la duplice mensa della Parola e del Pane di vita, per cui diciamo con il Salmista:
“Quanto sono dolci al mio palalo le tue parole: più del miele per la mia bocca” (SI 118, 103).
          Ogni giorno la divina Provvidenza insieme al pane quotidiano
§  ci fa assaporare il fragrante pane della fraternità, confermato dal Salmo 133:
"Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (v. 1);
§  ci dispensa un po' del pane della sofferenza. Dice il Salmo 79:
“Tu ci nutri con pane di lacrime, ci fai bere lacrime in abbondanza” (v. 6);
§  ci dona il pane della fortezza, che ci fa confidare nel Signore per non soccombere alle tentazioni, spesso egregiamente travestite di bontà, in apparenza persino inoffensive, ma nella realtà sempre si rivelano malefiche; confortante l’invito del Salmista:
“…di’ al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido»” (SI 90,2);
§  ci riserva il pane della Misericordia e del Perdono, la cui porzione, però, è condizionata da quanto noi ne sappiamo spezzare e donare ai fratelli. Che forte lezione ci dà Gesù con la parabola del servo spietato al quale il padrone disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?” (Mt 18,32-33)!
§  Non ci fa mancare il pane della liberazione dal male e dal maligno, per vivere costantemente grati a Dio e diffidenti verso il mondo e le sue teorie. Ecco le rassicuranti parole del Salmo 40:
                                 “Io sono povero e infelice; di me ha cura il Signore.
                                 Tu, mio aiuto e mia liberazione, mio Dio non tardare (v. 18).
          Nella richiesta degli apostoli a Gesù: “Insegnaci a pregare” sono incluse tante altre, come:
·      facci capire il posto che dobbiamo riservare alla preghiera, se anche Tu senti questo bisogno di lasciare tutti e ritirarti in preghiera.
·      Facci sentire viva, quotidiana questa necessità di dialogare col Padre, soprattutto ascoltandolo. Spesso, pur con le più buone intenzioni, il dialogo è solo un monologo incalzante di richieste, di angoscianti domande, di informazioni per renderlo edotto degli ultimi eventi (!) poi, dopo aver dato un’occhiata all’orologio, si scappa via dalla chiesa perché è troppo tardi. Tante domande, tante parole…e le risposte che si attendevano sono rimaste in sospeso, non gliele abbiamo lasciate dire.
·      Facci credere che la nostra vita e tutto il nostro essere sono nelle mani e nel cuore di Dio che ci ama di amore paterno e materno, capace di perdonarci più di settanta volte sette (cf Mt 18,22), e continuamente si fa provvidenza per le esigenze esistenziali di ogni giorno.
·      “Insegnaci” a interiorizzare il nostro esistere dando la preminenza alla dimensione verticale, che ci tiene in comunione con la Santissima Trinità, e all'altra orizzontale, non meno importante, che ci mette in rapporto con il prossimo.
          La preghiera del Padre nostro ci immette così nella dimensione ecclesiale-missionaria raggiungendo tutti i confini e le latitudini per abbracciare ogni fratello e sorella ovunque si trovano a vivere. In verità ogni persona fa parte dell’immensa universale famiglia di Dio!
          Questo è molto sentito dalle Claustrali, che pur non essendo a diretto contatto con i fratelli per chiamata e scelta di vita, in Dio sono ad esse costantemente presenti, a Lui li affidano nella fiduciosa speranza che le suppliche che elevano al cielo si volgeranno in grazie e benedizioni per loro.
          Sono i Missionari stessi a darne conferma assicurando, non senza commozione, di sapersi sostenuti, soprattutto nei momenti critici che attraversano, dalle preghiere e dall'offerta delle Sorelle che giorno dopo giorno con fede e amore vivono in silenziosa unione a Dio.
          Anche i Genitori nei confronti dei propri figli ricorrono all'aiuto efficace della preghiera, sapendo che i figli sono prima di tutto di Dio e Lui col suo cuore di Padre provvede loro senza sosta.
          Quando poi si accorgono che i loro consigli non sono più accettati, la loro voce li infastidisce, non si scoraggiano affatto, ma fiduciose si rivolgono ai loro Angeli Custodi - questi Compagni di viaggio invisibili, ma presenti e sempre pronti a compiere la Volontà di Dio per il bene di quanti sono stati loro affidati – affinché li consiglino e li invoglino a percorrere strade giuste.
          Ugualmente i giovani, man mano che crescono in età e gli impegni si fanno più consistenti, non devono tralasciare gli aiuti spirituali, particolarmente i sacramenti e la preghiera confidente.
Devono crescere nella vita cristiana, coscienti di quanto amore Dio li circonda e di come attende il loro amore, affinché in Lui la realizzazione della vita sia piena, gioiosa, altruistica, pura.
Incoraggianti al riguardo le parole del Salmo 118:
           “Come potrà un giovane tenere pura la sua vita? Custodendo le tue parole”(v. 9).
           “Conservo nel cuore le tue parole per non offenderti con il peccato” (v. 11).
          Dai brevi passi salmici riportati, si comprende tutto il fascino ed il realismo che essi contengano: davvero parole di vita, sacre, ispirate. Con esse nel cuore e sulle labbra la Chiesa quotidianamente prega a nome, per e con l'umanità, memore anche del saggio avvertimento di Gandhi:
“Quando si prega, è meglio avere un cuore senza parole che parole senza cuore”.
          La lode, il ringraziamento, l’intercessione, la supplica ed tanti altri sentimenti che si rincorrono nei 150 salmi - il Salterio è il libro dell'Antico Testamento più letto perché più pregato - li ritroviamo tutti nella preghiera per eccellenza insegnataci da Gesù, il Padre nostro: preghiera neotestamentaria, evangelica, apportatrice cioè della buona notizia che Dio ci è Padre.
          Recitiamo allora questa magnifica preghiera sempre più convinti e riconoscenti al Signore Gesù, volendo a nostra volta rivolgergli la stessa richiesta dei primi apostoli:
Signore, insegnaci a pregare

Suor Josefa priora Benedettine

Messaggio del 25 gennaio 2013 2013-01-25
Messaggio del 2 gennaio 2013 (Mirjana) 2013-01-02mirjana
Cari figli, con molto amore e pazienza, cerco di rendere i vostri cuori simili al mio Cuore. Cerco di insegnarvi, col mio esempio, l'umiltà, la sapienza e l'amore, perché ho bisogno di voi, non posso senza di voi, figli miei. Secondo la volontà di Dio vi scelgo, secondo la sua forza vi rinvigorisco. Perciò, figli miei, non abbiate paura di aprirmi i vostri cuori. Io li darò a mio Figlio ed Egli, in cambio, vi donerà la pace divina. Voi lo porterete a tutti coloro che incontrate, testimonierete l'amore di Dio con la vita e, tramite voi stessi, donerete mio Figlio. Attraverso la riconciliazione, il digiuno e la preghiera, io vi guiderò. Immenso è il mio amore. Non abbiate paura! Figli miei, pregate per i pastori. Che le vostre labbra siano chiuse ad ogni condanna, perché non dimenticate: mio Figlio li ha scelti, e solo Lui ha il diritto di giudicare. Vi ringrazio.

avranno in odio la scienza? Volgetevi alle mie esortazioni: ecco, io effonderò il mio spirito su di voi e vi manifesterò le mie parole. Poiché vi ho chiamato e avete rifiutato, ho steso la mano e nessuno ci ha fatto attenzione; avete trascurato ogni mio consiglio, ma chi ascolta me vivrà VOLGETEVI ALLE MIE ESORTAZIONI (Pr 1,20-25.32b)


            La Sapienza grida per le strade, nelle piazze fa udire la voce; dall’alto delle mura essa chiama, pronunzia i suoi detti alle porte della città: “Fino a quando, o inesperti, amerete l’ine-sperienza e i beffardi si compiaceranno delle loro beffe e gli sciocchi tranquillo e sicuro dal timore del male”.

          La Sapienza sta dove vivono gli uomini: strade, piazze o altri punti di ritrovo, e fra le tante voci che essi ascoltano c’è anche la sua.

          L’uomo ascolta con le orecchie ma anche con gli occhi, perché sono tanti i messaggi che gli giungono dalle luci della città: scritte dei negozi, manifesti pubblicitari affissi ai muri, luci che mettono più in vista la merce, luci a intermittenza che segnalano la presenza, per esempio, di una farmacia; luci che lampeggiano sulle ambulanze, sulle auto della Polizia, dei Carabinieri, dei Vigili del Fuoco accompagnate dal suono delle sirene.

          La Sapienza vede uomini indaffarati che corrono o sono forzatamente fermi al semaforo o accodati lungo le autostrade; li vede preoccupati entrare e uscire dagli ospedali, dalle carceri, dai supermercati, dagli uffici postali e così via.

          Vede tutto questo affaccendarsi, ma soprattutto vede lo stato interiore di tutta questa gente, alla quale rivolge la sua parola:

         “O voi tutti, che pure sapete tante cose, fate tante cose, vi scambiate tante parole…senza di me siete inesperti, siete senza vere esperienze vitali.

          Peggio ancora, quando vi compiacete più nel fare il male che il bene, quando al saggio sapere preferite le sciocchezze e quella ignoranza beffarda che scarta gli insostituibili valori della vita.

          Ebbene, venite a me, ascoltatemi. “Vi insegnerò il timore del Signore” (Sl 34,12b).

          Se prestate attenzione alle mie esortazioni potete crescere bene e nel bene, divenendo realmente di aiuto gli uni per gli altri.

          Con i miei salutari consigli potete farvi delle forti convinzioni per riuscire sempre meglio a discernere il bene dal male”.

          La Sapienza chiama per nome gli uomini che ama, non si dà pace nel vederli così sbandati, così ciechi, così incapaci, e spesso deve costatare con tristezza:

                 “Non avete fatto tesoro delle mie parole,

                 avete rifiutato il mio aiuto,

                 non avete afferrato la mano che vi tendevo;

                 avete trascurato i miei appelli, e che cosa ne avete guadagnato?

                 Con caparbietà avete solo aumentato l’inesperienza, la vostra stolta insensatezza,

                 avete preferito riempirvi di vanità piuttosto che della vera scienza,

                 creando in voi un grande vuoto di valori”.

A chi vuole ascoltare la Sua voce, la Sapienza ha parole confortanti:

            “Chi però mi presta attenzione, chi mi ascolta volentieri,

            vivrà tranquillo, vivrà beato, cioè riposerà in Dio, sommo bene;

            tranquillità che è godimento delle beatitudini evangeliche;

            docilità del cuore e della mente alla divina Volontà;

            è il vero benessere che colma e supera ogni buon desiderio.

            Vivrà sicuro dal timore del male, perché protetto dalla Grazia,

            fiducioso nella divina Misericordia,

            sa chiedere il perdono che lo riabilita, lo rigenera, lo fa ritornare all’amicizia con Dio;

            acquista così sempre più forza per combattere le più subdole suggestioni del Tentatore

            che non smette di incitarlo a peccare, a disobbedire”. 


          Quante volte, anche noi, anziché lasciarci ammaestrare dalla Sapienza, andiamo a farci istruire dal mondo e ci ritroviamo stoltamente beffardi.

          Il guaio è che di tale peggioramento non ci accorgiamo neppure, ma Dio - che vuole solo il nostro bene - si preoccupa e ci cerca, ci chiama, ci fa sentire intimamente la Sua voce servendosi della coscienza, dell’Angelo Custode di ciascuno e con tanti altri interventi.

          Quante volte ci esorta a cambiare il modo di vivere, a puntare molto più in alto, a stare ben al di sopra del male che preme dentro e fuori di noi, per non esserne devastati.

         

          Seguendo Dio possiamo essere veramente tranquilli, beati, in pace perché nella Sua pace, protetti da ogni attacco o influsso del male.

          È seguendo Dio che noi “sale della terra”, come ci definisce Gesù, possiamo mantenerci “salati”, altrimenti, se divenuti “insipidi” non serviamo più a nessuno, è il fallimento totale.


      Grazie, Signore, perché ci vuoi scuotere dai nostri rischiosi torpori.

            Grazie perché non ti stanchi di farci udire la tua voce

      nell’intimità delle nostre case, dove lavoriamo, nelle strade e nelle piazze delle nostre città.

            Grazie perché non ti stanchi di cercarci e di sopportare

      i nostri lunghi silenzi, le nostre prolungate assenze, i nostri inspiegabili rifiuti del tuo amore.

            Grazie perché comunque tu sei con noi

      mentre sperimentiamo la bellezza e la durezza del vivere.

            Grazie perché la tua Parola

      rimane l’unica veritiera, illuminante, stimolante, trasformante.

            Ecco, allora, la nostra Pasqua:

            passare da inesperti, beffardi, sciocchi a sapienti, convincenti,

      beati perché avvolti e abbracciati dalla tua tenerezza che salva.

    Suor Josefa priora Benedettine